Esiste un un piccolo disturbo mentale che chiamo “sindrome dello sfigato”.
Ne soffriamo un po’ tutti; chi più chi meno. Chi ne è consapevole e cerca di controllarla razionalizzando, chi non ne è consapevole e, qualora colpito, non la sa gestire.
Tempo fa, tornando da Sestola, ad un certo punto mi sono ritrovato incolonnato, fermo. Chi veniva in senso opposto ci informa di un incidente su un ponte due chilometri avanti; un frontale. Boia! Se c’è la vittima si va per le lunghe. Un buon numero di automobilisti comincia a fare inversione e torna indietro. Strade alternative? Possibile? A destra ho il Panaro, a sinistra un monte. Prendo lo stradario che mi conferma sul prezzo dell’alternativa: un giro stronzissimo con un doppio scollinamento e una supercazzola di tornanti e scappellamento a Zocca. Ma non avendo bisogno di andare al cesso resto in fila (*). Ogni tanto avanzo ma per effetto del ricompattamento da chi sceglie il percorso alternativo. Se ne vanno a gruppi. Uno decide di girare la macchina e altri lo seguono.
Morale: effettivamente mi sentivo uno sfigato a rimanere in fila mentre quegli altri, belli belli, si toglievano dagli stracci. Ma ho resistito e quando dopo 20 minuti ho rimesso in modo il motore il mio pensiero è andato a “quegli altri” infognati per stradine tortuose.
(*) Per solidarietà agli amici del sud