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 maqrchionne la fiat e i suoi operai

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ghostrider.1127

ghostrider.1127


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MessaggioTitolo: maqrchionne la fiat e i suoi operai   maqrchionne la fiat e i suoi operai EmptyMer 22 Dic - 21:02

SE MANCA IL SESTO SENSO

Marchionne l'ha detto chiaro. Difficile costruire automobili in un Paese dove si registra un picco di assenze per malattia in occasione dei derby calcistici, dove il costo del lavoro è più alto che altrove e dove il sistema-Paese non funziona. È la verità, ma non tutta. Dati alla mano, i responsabili del declino della Fiat vanno cercati ai piani alti di corso Marconi e, dal 1997, del Lingotto. Perché è inutile girarci intorno: se una Casa automobilistica è in crisi, vuol dire che o non azzecca i modelli o sbaglia strategia o entrambe le cose. Guardiamo la storia.

La "128" fu un successo clamoroso in Italia e all'estero (oltre tre milioni gli esemplari costruiti); costituì il nerbo dei parchi auto delle flotte aziendali e delle grandi società di noleggio, che proprio negli anni Settanta si andavano affermando anche in Italia. Quando uscì, nel 1969, divenne il punto di riferimento dell'industria automobilistica europea nella sua categoria, il modello leader che tutti gli altri sarebbero stati costretti a inseguire. Ruolo che la "Ritmo" (1978) non seppe mantenere. Noi appassionati, che abbiamo sviluppato un sesto senso per l'automobile, capimmo al volo che la "Ritmo", macchina onesta ma sostanzialmente una "128" ricarrozzata senza eleganza, non aveva le credenziali per confrontarsi con la "Golf".

Possibile che a nessuno degli alti dirigenti Fiat, invitati a prendere visione del prototipo, fosse venuto qualche dubbio? La "Ritmo" chiuse la sua carriera nel 1988 con due milioni di esemplari, lasciando ampi spazi alla concorrenza. E venne la "Tipo" (1988-95), una "Uno" pantografata, come se si fosse voluto risparmiare anche sul design; in qualche modo se la cavò, chiudendo a 1.900.000 esemplari. La "Bravo"-"Brava" riuscì a far rimpiangere la "Tipo", che almeno era spaziosa, e silenziosamente uscì di produzione nel 2001, dopo aver totalizzato 1.230.000 esemplari nelle due versioni. La "Stilo" concluse la sua scialba esistenza nel 2008 senza riconquistare quote di mercato. In quanto all'attuale "Bravo", a listino dal 2007, neppure lei ha sfondato: nei primi sei mesi del 2010 ne sono state vendute in Italia 18.480: meno della "Golf" (34.492), della Ford "Focus" (21.123) e della Opel "Astra" (18.577).

Se non c'è il prodotto, non c'è accordo sindacale o sistema-Paese che tenga: si va indietro. Ciò che non riusciamo a spiegarci è la dinamica che porta alla delibera di modelli così deboli, in qualche caso assurdi. La storia non mente: la "127" (1971-87) fu la macchina perfetta in un momento difficile della nostra economia. Al pari della "128", divenne anch'essa il modello di riferimento tecnico e stilistico di tutta la concorrenza. Quel periodo storico, a cavallo del 1970, segnò per la Fiat una fase creativa particolarmente felice, che non si è più ripetuta. La "127" totalizzò oltre 5,1 milioni di esemplari, un successo che la "Uno" (1983-95) seppe surclassare, confermando la leadership della Fiat nel campo delle utilitarie con oltre sei milioni di esemplari. Poi, con la "Punto", la discesa, che continua oggi con la "Grande Punto": i 90.000 esemplari venduti in Italia nei primi sei mesi del 2010 indicano infatti che il trend è poco promettente, con la Ford "Fiesta" in avvicinamento. Segno che il restyling della "Grande Punto", la "Evo", non è piaciuto.

Quando furono presentate la Fiat "Croma" (1985), la Lancia "Thema" (1984) e l'Alfa Romeo "164" (1987-98), tre varianti dello stesso progetto, noi appassionati capimmo subito che quei modelli avrebbero fatto centro, o per lo meno ci sarebbero andati vicino. Lancisti e alfisti, per la prima volta d'accordo, credettero in un nuovo Rinascimento dell'arte italiana di progettare automobili importanti. È finito - si disse - il dominio di Mercedes e BMW nel settore delle berline di categoria superiore, e pazienza per qualche carenza nelle finiture o nell'affidabilità, son cose che andranno a posto. La "Croma" rimase a listino fino al 1996, totalizzando quasi mezzo milione di esemplari. E poi? Poi basta: nessuno si preoccupò di sostituirla, con grande soddisfazione della concorrenza.

Si dovette aspettare il 2005 per rivedere la nuova "Croma", una delle macchine meno invidiate in circolazione. La "Thema", 360.000 esemplari, fu invece sostituita nel 1994 dalla "k"… Quando la videro, i concessionari Lancia, loro sì dotati di sesto senso, si misero le mani nei capelli. Risultato: circa 115.000 esemplari. Non contenti, la "k" decisero di farla pure "Coupé": a nessuno venne in mente che quei soldi potevano essere meglio spesi: per esempio, anni più tardi, nel restyling della "Lybra", a cui fu invece staccata la spina (altro inatteso regalo alla concorrenza), o nella realizzazione della nuova "Fulvia Coupé", il cui prototipo aveva raccolto consensi unanimi.

La "k Coupé" chiuse la sua breve e infelice carriera con poco più di 3000 vetture svendute. Si poteva fare di peggio? Sì, con la "Thesis": 25.000 esemplari in sette anni (2002-2009). Per la cronaca, la "1800"-"2100"-"2300", l'ammiraglia Fiat degli anni Sessanta, quando in Italia le automobili a sei cilindri erano bastonate dal fisco e la capacità di spesa degli italiani più modesta, totalizzò intorno ai 150.000 esemplari. All'Alfa Romeo non andò meglio: passò dai 270.000 esemplari della "164" ai centomila della "166", che abbandonò la scena senza essere sostituita. Oggi la gamma Fiat si presenta come un mosaico mancante di molte tessere, che dovrebbero essere fondamentali nel disegno strategico di una Casa generalista. La "Grande Punto" e la "Bravo" in versione giardinetta le abbiamo attese invano; la "Multipla"e l'"Ulysse" vanno in pensione senza sostituti dopo rispettivamente dodici e otto anni di servizio. Fiat "Idea" e Lancia "Musa" hanno ceduto terreno in Italia alla nuova Opel "Meriva", che è balzata in testa alla classifica delle monovolume più vendute.

Nella categoria Suv, Fiat schiera solo la "Sedici", ovvero la Suzuki "SX4" col marchio Fiat, solo un po' più cara. Ma la Volkswagen, che l'anno scorso s'è presa il 20 per cento della Suzuki, permetterà che sia ancora la Fiat ad assemblare la prossima "SX4" che andrà a rimpiazzare l'attuale? In quanto alle versioni sportive, inutile cercarle nel listino Fiat. La tradizione delle varie "1500", "2300", "850", "124", "Dino", "130" e "128" carrozzate spider o coupé è finita da un pezzo. La "Coupé" (1994-2000) e la "Barchetta" (1994- 2005) sono una parentesi chiusa. Il tema delle "ibride" con due motori, elettrico ed endotermico, sembra invece attirare l'attenzione della Fiat, che ha annunciato una vettura di questo tipo, forse con troppo ottimismo, per il 2012, quando la Toyota avrà comunque maturato ben 12 anni di esperienza nel settore.

Altro che epidemia da derby e conflitti sindacali: se vuole riconquistare quote di mercato, la Fiat deve riprendere l'iniziativa, investire in ricerca e progettazione, recuperare ciò che rimane della grande scuola dei carrozzieri italiani, deboli sul piano industriale ma forti sul piano creativo. Prima, però, ai suoi dirigenti farebbe bene un ripasso di storia, necessario per ritrovare il gusto di fare belle macchine. Ma invece di attingere orgogliosamente al proprio passato per comunicare alla clientela un'immagine di solidità, capacità produttiva e creatività, si ha la sensazione che a Torino la storia dei tre grandi marchi nazionali sia percepita come una noiosa seccatura. (Raffaele Laurenzi)
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MessaggioTitolo: Un'analisi impeccabile   maqrchionne la fiat e i suoi operai EmptyVen 24 Dic - 14:04

Aggiungerei solo:
- più controlli di qualità,
- carrozzerie meno desolatamente pretenziose,
- prezzi sensibilmente più bassi rispetto alla concorrenza, tenendo conto che non siamo più negli anni 60 in cui "mamma Fiat" faceva il bello e il cattivo tempo,
- smetterla di usare Lancia e Alfa come brand "elitari" per appioppare vetture Fiat a prezzi esorbitanti.
Tuttavia mi rendo conto che sarebbe più facile ottenere la quadratura del cerchio per cui prepariamoci alle Fiat prodotte, che so, in Indonesia con costi di produzione locali ma vendute a prezzi da nord Europa.
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